È iniziato il cammino quaresimale, fatto di quaranta giorni.
Il
numero quaranta è un numero pieno di significati per l’uomo biblico. Quando
designa un tempo si tratta sempre di un periodo che segna una situazione
provvisoria e di attesa. E’ il tempo del castigo e della penitenza, ma
anche il tempo della misericordia e del perdono. E’ il tempo dell’intimità con
Dio e del colloquio con lui. E’ il tempo in cui l’uomo prende coscienza di sé e
si prepara ad accogliere i doni di Dio. E’ il tempo dell’Alleanza e della
rivelazione.
Scorrendo la bibbia vediamo anche che con 40 anni si indica la durata della
vita di un uomo. Con questo criterio il Deuteronomio (34,7) può affermare che
Mosè visse 120 anni, cioè 40×3, perché per tre volte egli ha mutato
radicalmente la sua esperienza di vita.
Sono 40 gli anni trascorsi dal popolo di Israele nel deserto;
40 giorni e 40 notti durò il diluvio (Gen. 7,4); 40 giorni e 40 notti Mosè
rimase sul monte (Es. 24,18); Elia camminò per 40 giorni e 40 notti nel deserto
per sfuggire all’ira della regina Gezabele (1Re,19,8); 40 giorni sono il tempo concesso agli abitanti
di Ninive per fare penitenza (Giona 3,4).
Nel Nuovo Testamento il numero 40 si trova 22 volte. I
vangeli sinottici parlano di 40 giorni e 40 notti di digiuno di Gesù nel
deserto (Matteo 4,1ss; Marco 1,13; Luca 4,2 ss) mettendoli in relazione con il
periodo trascorso da Mosè sul monte Sinai. Matteo e Luca poi stabiliscono anche
un raffronto fra la permanenza del popolo d’Israele nel deserto, periodo in cui
«tentarono e misero alla prova Dio» (Salmo 95,9-10), con la fedeltà e
l’obbedienza di Gesù.
In questo modo, servendosi del semplice numero 40, gli
evangelisti ci invitano a riconoscere in Gesù il nuovo Mosè, che dà inizio al
nuovo popolo capace di dare un senso nuovo all’alleanza fondata non più su una
legge scritta, ma sulla stessa persona di Gesù.
Secondo il libro degli Atti (1,3) per 40 giorni il Signore si manifestò ai
discepoli dopo la risurrezione prima di salire al cielo per completare il suo
insegnamento e confermarli nella fede.
La Chiesa ci propone i quaranta giorni della Quaresima perché
nel silenzio e nell’ascolto della Parola possiamo ritrovare il senso del nostro
pellegrinaggio qui sulla terra, perché possiamo scoprire la nostra dimensione
di limite e di peccato, perché possiamo accogliere il dono dello Spirito Santo,
che dà vita e speranza e nascere di nuovo nella Pasqua del Signore.
La quaresima è tempo di conversione, In questo tempo di
conversione rinnoviamo la nostra fede, attingiamo “l’acqua viva” della
speranza.
Il digiuno, la preghiera e l’elemosina, come vengono presentati da Gesù nella
sua predicazione (cfr Mt 6,1-18), sono le condizioni e l’espressione della
nostra conversione. La via della povertà e della privazione (il digiuno), lo
sguardo e i gesti d’amore per l’uomo ferito (l’elemosina) e il dialogo filiale
con il Padre (la preghiera) ci permettono di incarnare una fede sincera, una speranza
viva e una carità operosa.
Papa
francesco nel suo discorso per questa Quaresima ci dice:
La fede ci chiama ad
accogliere la Verità e a diventarne testimoni, davanti a Dio e davanti a tutti
i nostri fratelli e sorelle.
Accogliere e vivere la Verità
manifestatasi in Cristo significa prima di tutto lasciarci raggiungere dalla
Parola di Dio, questa Verità è Cristo stesso, che assumendo fino in fondo la
nostra umanità si è fatto Via – esigente ma aperta a tutti – che conduce alla
pienezza della Vita.
Il digiuno vissuto come esperienza di privazione porta quanti lo vivono in
semplicità di cuore a riscoprire il dono di Dio e a comprendere la nostra
realtà di creature a sua immagine e somiglianza, che in Lui trovano compimento.
Facendo esperienza di una povertà accettata, chi digiuna si fa povero con i
poveri e “accumula” la ricchezza dell’amore ricevuto e condiviso. Così inteso e
praticato, il digiuno aiuta ad amare Dio e il prossimo in quanto, come insegna
San Tommaso d’Aquino, l’amore è un movimento che pone l’attenzione sull’altro
considerandolo come un’unica cosa con sé stessi (cfr Enc. Fratelli tutti, 93).
La speranza come “acqua viva” ci consente di continuare il nostro cammino
Nell’annunciare la sua passione e morte Gesù annuncia la
speranza, quando dice: «e il terzo giorno risorgerà» (Mt 20,19). Gesù ci parla
del futuro spalancato dalla misericordia del Padre. Sperare con Lui e grazie a
Lui vuol dire credere che la storia non si chiude sui nostri errori, sulle
nostre violenze e ingiustizie e sul peccato che crocifigge l’Amore. Significa
attingere dal suo Cuore aperto il perdono del Padre.
Nell’attuale contesto di preoccupazione in cui viviamo e in cui tutto sembra
fragile e incerto, parlare di speranza potrebbe sembrare una provocazione. Il
tempo di Quaresima è fatto per sperare, per tornare a rivolgere lo sguardo alla
pazienza di Dio, che continua a prendersi cura della sua Creazione, mentre noi
l’abbiamo spesso maltrattata (cfr Enc. Laudato si’, 32-33.43-44). È
Ricevendo il perdono,
nel Sacramento che è al cuore del nostro processo di conversione, diventiamo a
nostra volta diffusori del perdono: avendolo noi stessi ricevuto, possiamo
offrirlo attraverso la capacità di vivere un dialogo premuroso e adottando un
comportamento che conforta chi è ferito. Il perdono di Dio, anche attraverso le
nostre parole e i nostri gesti, permette di vivere una Pasqua di fraternità.
Nella Quaresima, stiamo più attenti a «dire parole di incoraggiamento, che
confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano, invece di parole che
umiliano, che rattristano, che irritano, che disprezzano» (Enc. Fratelli tutti 223).
A volte, per dare
speranza, basta essere «una persona gentile, che mette da parte le sue
preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un
sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di
ascolto in mezzo a tanta indifferenza»
Nel raccoglimento e nella preghiera silenziosa, la speranza ci viene donata
come ispirazione e luce interiore, che illumina sfide e scelte della nostra
missione: ecco perché è fondamentale raccogliersi per pregare (cfr Mt 6,6) e
incontrare, nel segreto, il Padre della tenerezza.
Accogliamo questo appello del Santo Padre a percorrere questo
cammino quaresimale di conversione, in preghiera e condivisione con i fratelli
tutti.